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Comune di bassa montagna ad Est di Roma.
Nel cuore dell'abitato più recente emerge il borgo di carattere medioevale che si raccoglie intorno all'alta mole del Castello Theodoli; notevole anche la settecentesca Chiesa della Palla.
Interessanti località vicine sono Tivoli e le sue frazioni (Villa Adriana) e, non lontano, Subiaco (monasteri benedettini e campi sciistici di Livata).
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Provincia : RM
Abitanti : 1459 da ultimo censimento
Altitudine slm :619 m.
Distanza dal capoluogo : Km 48
Comuni limitrofi : a nord con Sambuci, ad ovest con San Gregorio da Sassola e Castel Madama, a sud con Capranica Prenestina e Pisoniano, ad est con Cerreto Laziale.
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Contatti Comune:
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Centralino : (+39) 0774.790006
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Altri Contatti:
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Dall'Autostrada : Via Empolitana, sia da Tivoli sia dall’A24 (Roma - L’Aquila/Teramo) casello Castel Madama
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Le origini ed il toponimo
Ciciliano è situato sopra un colle intermedio fra i dorsi del Guadagnolo e del Serrone di Saracinesco, dal quale domina ben tre valli poste ai piedi dei monti Tiburtini e Prenestini.
Durante la preistoria il territorio fu frequentato da cacciatori paleolitici, i quali risalivano sui monti per catturare soprattutto cervi, di cui si hanno ampie testimonianze fino all'epoca romana. I cervi portarono alla creazione di leggende sacre nel Medioevo, come quella di S. Eustachio (a cui sarebbe apparso Cristo sotto l'aspetto di cervo "Christus sub specie cervi"), ma anche alla nascita di gentilizi romani, i Cervii.
Durante il neolitico si ha testimonianza della vita sulla zona dal rinvenimento di una piccola ascia levigata. Nella successiva età Eneolitica e del Bronzo si infittiscono le presenze sul territorio a causa dei movimenti lungo le valli Empolitana e Tiburtina e data la presenza dell'acqua, necessaria alla vita dell'uomo e degli animali. Iniziano le transumanze delle genti "appenniniche" che, tra i luoghi di sosta, scelgono l'area, sulla quale sorgerà Trebula. L’insediamento umano nel territorio è documentato fin dall’VII-VII secolo a.C. con resti di vasellame dell’Età del ferro rinvenuto sul passo della Fortuna, a poco più di un chilometro dall’attuale paese. Il piccolo centro di Trebula diventa crocevia per le rotte delle transumanze e per i collegamenti con i centri vicini (Tibur e Praeneste) acquisendo notevole importanza come punto strategico. Occupato dai Suffenates, una popolazione degli Equi, che controllava tutto il territorio ad Est di Tivoli, da cui dipenderà la definizione, di Plinio il Vecchio, degli abitanti in Trebulani Suffenates. Nel IV-III secolo a.C. i romani, durante le loro lotte contro gli Equi, furono costretti ad occupare Trebula per farne un caposaldo contro tutte le popolazioni ribelli italiche. La cittadina, una volta romanizzata, fu eletta a "municipio" all'inizio del I sec. a.C., avendo sotto di sé un territorio che si estendeva dagli Arci di Tivoli fino a Pisoniano e dal Monte Spina Santa alla riva sinistra dell'Aniene. Nel Il sec. d.C. Trebula fu dotata anche di terme e nel suo foro furono erette statue per magistrati, imperatori, patroni e personaggi importanti, come Lucio Cornelio Balbo.
Per lungo tempo gli studiosi hanno localizzato, sul colle dove oggi sorge Ciciliano, l’antica città di Trebula Suffenàs, tratti in inganno anche dall’errata interpretazione di un epigramma di Marziale che scriveva: "Dove l’umida Trebula domina le vallate fredde pure d’estate …". La descrizione faceva presupporre una posizione elevata, in quanto non si poteva supporre che una cittadina potesse sorgere ai piedi di un colle anziché sulla sua sommità.. Si ipotizza che, sulla sommità del colle era situato l’oppidum (per i latini era uno spazio cinto da mura, e molto probabilmente si trattava di un punto d’avvistamento o baluardo fortificato), mentre il pagus (centro abitato) principale della popolazione dei suffenàtes era collocato più in basso, in corrispondenza del passo della Fortuna. Oggi sappiamo con certezza che l’antica Trebula Suffenàs sorgeva a sud-ovest del passo della Fortuna nella zona denominata "Ospedale San Giovanni", presso l’odierna Ciciliano
A partire dalla tarda età imperiale si cominciò ad occupare, per motivi di ordine difensivo, il colle di Ciciliano, da tempo proprietà della gens Caecilia, come attestano i numerosi bolli laterizi, con il nome della famiglia, rinvenuti nel territorio. Sull’origine del toponimo gli studiosi sono discordi in quanto, secondo l’opinione prevalente esso è collegato alla gens Caecilia, un fundus Caecilianus o più brevemente Caecilianum, mentre secondo altri sul colle dell’attuale Ciciliano sorgeva invece Sicilon o Siciletum, un oppidum che avrebbe ricordato l’antica gente dei siculi.
Quando nel V sec. iniziarono le invasioni barbariche, i Trebulani furono costretti a fortificarsi e salirono sul colle.
Nel X secolo, dell’antica città si salvarono solo le mura poligonali dopo la distruzione avvenuta per mano dei saraceni, ma a causa della sua posizione strategica Ciciliano fu conteso fra l'abbazia di Subiaco e Tivoli. Grazie all'appoggio di Roma alla fine prevalsero i monaci benedettini del monastero sublacense che prontamente la ricostruirono. La prima citazione storica del paese si riscontra in una lapide, fatta apporre nel Chiostro di Santa Scolastica dall’abate Umberto, inviato da Leone IX a governare il Monastero di Subiaco. In essa, con il nome errato di Bicilianum, Ciciliano veniva incluso fra i possedimenti del monastero benedettino fin dal 1052. Nell'Alto Medioevo sul territorio troviamo varie comunità sopra i ruderi della stessa Trebula tra cui il Vicus Sancti Valerii. I contrasti tra Tivoli e Subiaco portarono alla nascita di rocche sui monti, tra cui Rocca d'Elci ed il Castrum Morellae, che sopravvissero al massimo fino al XV sec. In virtù del testamento di Pietro Colonna di giordano, signore di Genazzano, il feudo venne ereditato nel 1373 dai Colonna insieme a Pisoniano e San Vito. Dal XII al XV secolo venne confiscato dal Papa Alessandro VI in favore dei figli di Lucrezia Borgia e Alfonso d’Aragona ma, alla morte del pontefice, i Colonna se ne appropriarono nuovamente. Nuovi contrasti sorsero nel 1541 per l’imposizione del dazio sul sale, tali da far inviare da Paolo III, contro i Colonna, Pier Luigi Farnese al comando di 10.000 uomini. Caduto nelle mani delle milizie pontificie, il castello venne restituito nel 1550 da Giulio III ai Colonna. Nel 1563 Marco Antonio Colonna, per assolvere ai debiti paterni e costituire la dote per le sorelle, vendette il feudo al principe Domenico Massimo. Divenuto contea, il feudo, nel 1572, fu acquistato da mons. Gerolamo Theodoli, vescovo di Cadice, per la somma di 30.000 scudi romani. Durante il dominio dei Theodoli, Il 23 dicembre 1579, gli abitanti di Ciciliano ottennero un proprio statuto nel quale si stabilivano norme civili e penali che regolavano l’amministrazione della comunità. Copia manoscritta, ricavata dall’originale, è conservata presso l’Archivio di Stato di Roma (raccolta statuti 195).
La famiglia Theodoli, che ancora possiede il castello, mantenne i diritti feudali fino al 1816. Ai Theodoli si deve la trasformazione del fortilizio originario nel castello che oggi vediamo.
Testi a cura della
Azienda di
Promozione Turistica
della Provincia di Roma
Associazione Pro-Loco di CICILIANO
Corso Umberto I° n. 19 00020
Tel 0774/790.301 Fax 06/3691.8112
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Cosa c'è da vedere e da fare: |
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Ciciliano
ed il Castello Theodoli
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Il borgo medioevale del paese mantiene la struttura medievale con vie
strette e ripide dove nella sua sommità si erge, il Castello Theodoli, risalente
al XII secolo ed in buono stato di conservazione. Nel corso del XV secolo, sotto il
dominio dei Colonna, la struttura del castello venne modificata a scopo difensivo, secondo
un modello diffuso in quel periodo: un corpo centrale quadrato con quattro bastioni
angolari. L'unica torre cilindrica che si nota venne aggiunta circa un secolo dopo.
Ulteriori modifiche, vennero apportate nel XVIII secolo per volere della famiglia
Theodoli. Il castello è munito di altre due torri angolari situate nella parte
posteriore. Un coronamento merlato accompagna tutta lampiezza del terrazzo e delle
torri.
In piazza Maestra, sottostante piazza di Corte, dove domina il castello
con lingresso a doppia scalinata e due torri, quadrata quella di destra, e
cilindrica, laltra, risalente al 1795 come sistemazione attuale, si trova la Chiesa
Parrocchiale Santa Maria Assunta in Cielo, dove è custodita dietro l'altare maggiore una
tela raffigurante l'Assunzione della Vergine, di G. Battista da Navarra del XVI secolo.
Non da sottovalutare le altre chiese, come quella di Santa Liberata, del XV secolo ed
ampliata nel XVII con affreschi di scuola romana del 500, e la Chiesa della Madonna della
Palla, costruita dallarchitetto Theodoli nel 1759, come ringraziamento alla Madonna
che sarebbe apparsa per salvare due ragazzi da un burrone mentre giocavano a palla. Al suo
interno, ornata da una ricca cornice di gusto Barocco, cè un affresco della Vergine
con Bambino del XVI sec, tuttora molto venerata dalla popolazione.
Folclore e
gastronomia
Nel clima di una tradizione rimasta viva sin dal medioevo, nei giorni
18, 19 e 20 in onore dei tre santi patroni S. Liberata, S. Magno e S. Rocco hanno luogo i
festeggiamenti dagosto. In questa occasione si tengono processioni, che compiono un
giro, allinterno e allesterno delle mura cittadine. Disposta su due sensi
opposti (quella rossa e quella celeste), ma convergenti, ha conservato come caratteri
distintivi, pregevoli opere dartigianato: la bandiere, drappi di seta frangiati doro
scortati da due lancieri, i lampioni, quattro per ogni colore, i crocefissi, due
sormontati entrambi da un baldacchino in seta, gli stendardi, grandi arazzi raffiguranti
scene sacre mantenuti in equilibrio da quattro persone e portati da due, i tronchi, croci
in legno a forma e dimensione di albero, e le macchine, che chiudono le processioni,
ognuna con effigie del Santo o Santa che si festeggia. In questo periodo da non perdere,
il 19 agosto, è la festa della "Panarda", molto suggestiva per una serie di
gare popolari disputate fra le quattro contrade in cui è diviso il paese, di cui diamo
cenni, storici e non, per la sua particolarità. Non da sottovalutare la festa in onore di
SantAntonio Abate, che si svolge a gennaio, e linfiorata del Corpus Domini.
La gastronomia locale offre le "sagne", simile alle
fettuccine tirate a mano, condite con sugo di pecora che si possono anche gustare in
occasione della Sagra che si svolge il primo week-end di settembre. Altri piatti
tradizionali sono: la polenta con sugo di lumache, gli gnocchi ncati, gnocchi di
sola acqua e farina conditi con sugo di sedano, la pontega, simile alla polenta che si
degusta a fette quando tiepida, mentre è ottima quando rafferma viene scaldata alla
brace. Importanti la produzione di miele e la raccolta di tartufi.
La Panarda
Un documento ricorda che nel 1657 tale Pietro Paolo Serafini, secondo una
consolidata tradizione familiare, distribuiva una minestra di fave per perpetuare un voto
fatto dai suoi antenati a SantAntonio Abate. La devozione popolare racconta che
"tanti anni fa una donna della famiglia Serafini lasciò una creatura in fasce nella
culla e andò a prendere l'acqua alla fontana. Tornando a casa incontrò un lupo che la
portava in bocca. Invocò SantAntonio e il lupo lasciò la bambina. La donna promise
al Santo la festa a fuoco, cioè la Panarda. Dopo, la promessa si è tramandata per
eredità"
La Panarda: sfilata in costume medioevale
Con il nome di Panarda, tradizione o rito comune a molti paesi, che
esprime il concetto di celebrazione comunitaria, con forte propensione al magico-sacrale,
si indica un rituale di consumo collettivo del cibo che consiste in un banchetto allestito
in precise ricorrenze calendariali. L'origine del vocabolo è piuttosto oscura, e
probabilmente deve essere ricercata nella radice indoeuropea pan intesa nel senso
di abbondanza.
Con questa manifestazione si rievoca lantichissima usanza della
Panarda, pranzo pubblico con danze ed esultanze, che i confratelli della società del
"Santissimo Sacramento" facevano nel giorno della festa dellAssunta e che,
ritenuto di natura profana fu espressamente proibito nel 1581 dal delegato del vescovo
Annibale Grassi in visita apostolica a Ciciliano.
Lusanza della Panarda era talmente forte e radicata che continuò
nonostante il divieto. Un secolo più tardi gli ammonimenti imposti dal Vescovo Annibale
Grassi valsero a ben poco. Il parroco dell'epoca scrive: che trascorsa la festa dellAssunta,
appena finita la messa, le "festarole" lanciavano al popolo
"ciambellette" e quant'altro con immancabile confusione. E' evidente lorigine
arcaica, e propiziatoria, di questa "comunione alimentare", da ricondurre anche
alle "Agapi", i banchetti festivi che si svolgevano nei primi secoli dellera
Cristiana specialmente nelle comunità di campagna, che iniziarono ad essere proibiti sin
dal VII secolo. A seguito dei ricorrenti divieti da parte delle gerarchie ecclesiastiche
nel corso dei secoli, lusanza della Panarda non scompare del tutto, ma si trasferì
in ambito privato, allinterno delle famiglie riunite per loccasione festiva,
ed ancora oggi a Ciciliano, le feste dagosto sono caratterizzate in ogni casa dalla
preparazione e dal consumo di abbondanti quantità e varietà di cibi, come non avviene
nel resto dellanno ed in altre ricorrenze festive religiose.
La Panarda 2000: i "gnocchi ncati e scena di vita vissuta
Il 19 agosto, giornata particolarmente sentita dai cittadini, perché
interamente dedicata alla Panarda, è divenuta una competizione e punto dincontro
con le Nostre Tradizioni, in una rivisitazione storica tra le mura del "Borgo
Medioevale". Le quattro Contrade, Capopiana, Castelluccio, Porta di Sotto e Selciata,
sono impegnate nella in una gara gastronomica volta alla ricerca dei piatti tipici di
Ciciliano, da proporre o riproporre, dai tempi più remoti ai nostri giorni. In questa
gara sono importanti la tavola con il suo addobbo, la presentazione delle pietanze e labbinamento
dei vini della zona. Non a caso l'aspetto più spettacolare della Panarda, oltre ai
costumi, sta nella quantità delle portate, che possono superare anche il numero di
cinquanta e nelletichetta che impone ai commensali di onorare la tavola, consumando
tutte le vivande portate in tavola.
Premiazione a notte inoltrata, sul sacrato della chiesa parrocchiale in
piazza Maestra, della Contrada vincitrice, alla quale sarà consegnato un prezioso piatto,
simbolo della Panarda, con incise le quattro icone delle Contrade.
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Laraldica delle 4 contrade:
Capopiana (alto sx)
Castelluccio (alto dx)
Porta di Sotto (basso sx)
Selciata (basso dx) |
Itinerari,
dintorni e le bellezze naturali
Il territorio di Ciciliano è ricco di resti di antichi edifici
databili all'età romana.
Attraverso il Passo della Fortuna, così chiamato perché punto
obbligato di passaggio per andare verso il tempio della Fortuna Primigenia di Palestrina,
si aggiunge a Villa Manni, situata nel foro di Trebula Suffenàs, località ambita per il
soggiorno estivo dai Romani. Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce le strade
interne della cittadina, realizzate con pietra calcarea locale, edifici privati e terme di
età repubblicana e imperiale, insieme a significative iscrizioni con dediche di carattere
pubblico.
Villaggi abbandonati.
Rocca d'Elci (Rocchetta) - Sorge a sud ovest dell'area archeologica di
Trebula Suffenàs e conserva notevoli resti. Fu abbandonato nel XV secolo.
Nelle vicinanze Castrum Morellae (Morella) e Vicus Sancti
Valerii (San Valerio) abbandonato nell'XI secolo.
A pochi chilometri si trovano: Tivoli, Villa Adriana ed a circa trenta
minuti dauto Fiuggi.
Il patrimonio naturale che ci circonda è ritenuto, a sproposito dai
residenti, loro poiché per cultura viene sfruttato per andare a raccogliere funghi,
asparagi, frutti di bosco o castagne, e, tempo permettendo, a festini. Tuttavia la natura
ha avuto un occhio di riguardo verso la nostra terra, offrendoci ricchezze inestimabili
come sorgenti naturali e cascate. La loro bellezza è tale da poter affermare che: la
bellezza della natura non può essere legata solo ad un "colpo d'occhio", ma,
quale equilibrio nello spazio e nel tempo di ogni suo componente, rispecchia l'armonia che
ogni persona ricerca nel momento in cui desidera "vivere il proprio verde", la
peculiarità è che ad ognuno di noi un paesaggio, una cascata o semplicemente una
passeggiata nei boschi provoca unemozione diversa
Tre località immerse nel verde, dove la natura stessa ci propone un
itinerario, volto a far conoscere, amare e rispettare lambiente, per le bellezze
naturali e paesaggistiche che ci offre, con la certezza di non essere smentiti, le
potremmo definire ad alto interesse naturalistico o monumento naturale sono: la sorgente
naturale dellAcquaone, la cascata del Barabocio e la sorgente montana della Nocchia!
Anche se non dispongono di spazi ricettivi, sono molto frequentate perché facilmente
raggiungibili sia a piedi sia in auto.
Archeologia romana e protolaziale | Area Archeologica di Trebula Suffenas Nell'ambito del Parco di Villa Manni, si trovano i resti (dall'età repubblicana alla tardo-imperiale) della città che era stata degli Equi fino alla conquista romana nel IV a.C.. Mura Poligonali a Cocciaregliu Tratti di Mura Poligonali di primo periodo arcaico, probabilmente erette in epoca pre-romana dagli Equi; si trovano su due colli fuori del paese, in località Cocciaregliu. Castelli / Fortezze / Cinte murarie | Castello Theodoli a Ciciliano Costruito prima del mille, pare con prigionieri arabi, fu anche dei Borgia; è ben conservato, in cima al borgo, con le sue Torri (qualche ritocco nel XV e XX sec.). Rocca d'Elci Originariamente Rocca de Ilicis o Rocchetta, sorge a SW del paese sul Monte Spina Santa, fondata (con altri 11 insediamenti) attorno al mille dai monaci sublacensi quale presidio vanzato al confine con la (nemica) diocesi di Tivoli. Distrutta nel'500 dai banditi di Marco Sciarra, fu poi abitata sporadicamente; ora solo poche rovine su un punto molto panoramico (da https://www.academia.edu/15927859/Ricerche_topografiche_in_area_sublacense) Chiese, Conventi, Santuari | Chiesa di S. Maria della Palla Del 1756 (arch. Marchese Gerolamo Theodoli, progettista del Teatro Argentina); su una cappella del '600 dedicata a una icona scoperta per merito di una pallonata… Chiesa di Santa Liberata Alla chiesina del XV sec. (abside con volta a botte e pregiati affreschi coevi ) fu aggiunta l'aula del XVII sec.; accanto sorge il Convento dei Maroniti. Villa Manni Edificio di stile neoclassico (Casa Manni, oggi dimora storica) costruito a metà '900 da Corrado Manni, appassionato di archeologia sul sito dove lo stesso aveva portato alla luce i resti di Trebula Suffenas. Infiorata del Corpus Domin a Ciciliano Infiorata dedicata al Corpus Domini, manifestazione comune ad altri centri del Lazio; tappeti floreali in genere rappresentanti scene della vita di Gesù e della Vergine. Feste / Sagre / Mercatini | Festa della Panarda Il termine ha a che vedere con Pan (abbondanza); si svolge dopo Ferragosto e vede, oltre cortei storici, gare fra i rioni per l'allestimento e l'offerta di piatti tipici.
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Festa Patronale: Santa Liberata (18 Agosto)
Pubblicazioni
su Ciciliano
Lily Ross Taylor, Trebula Suffenas and the Plautii Silvani. 1956.
C.F. Giuliani, Tibur; II, Roma. De Luca. 1966.
Lorenza Berni Brizio, Ritrovamenti in località "Ospedale S. Giovanni" presso
Ciciliano (Roma), Cisalpino. 1969.
Pierre Toubert, Les structures du Latium Médiéval. 1973.
Franco Sciarretta, Trebula Suffenàs, Tivoli, 1974
- Massimo Spaventa, Bballe pe' lla Rocca, Consorzio RES Editore, 1994.
- Antonio Persili, Comunità e chiese a Ciciliano - frammenti di storia di un popolo,
Consorzio RES Editore, 1995.
- Franco Sciarretta, Villa dei Plautii Silvani a Trebula Suffenàs, Atti e Memorie della
Società Tiburtina di Storia e d'Arte. 1995.
- IX Comunità Montana del Lazio, Patrimonio artistico monumentale dei monti Sabini.
Tiburtini, Cornicolani, e Prenestini. 1995
- Franco Sciarretta, Rinvenimenti archeologici nell'area trebulana, Atti e Memorie della
Società Tiburtina di Storia e d'Arte, 1996.
- Massimo Spaventa, Facci a ccicu, Consorzio RES Editore, 1997.
- Sacerdote Ferdinando De Angelis, Amore Ricordi Regazzate Persone, Aracoeli editore, 1997
- L. Rubini e F. Sciarretta, Gli affreschi della Chiesa di S. Liberata a Ciciliano. 1997.
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