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    LA ROCCA DI PETRELLA E BEATRICE CENCI    


 

Comune: Petrella Salto
Tipo : FATTI, MISFATTI, LUOGHI E PERSONAGGI

A Petrella Salto sorgono i resti della Rocca in cui risiedeva, nel 1598, la nobile famiglia romana dei Cenci: fu qui che avvenne il fattaccio (l’uccisione del capofamiglia Francesco) che portò alla decapitazione della giovane e bella Beatrice (e non solo di essa).
Il processo, vero e proprio “processo del secolo” vide il popolo schierarsi in maggioranza a favore della giovane, il cui parricidio fu giustificato dal comportamento efferato dell’indegno genitore (che però era un nobile e la sua morte non poteva rimanere impunita).



Su un’alta e scoscesa rupe, poco fuori del paese, si trovano i resti del Castello (allora di proprietà dei Colonna) CHE IL NOBILE FRANCESCO CENCI (PADRE DI BEATRICE) AVEVA PRESO IN AFFITTO per trasferirvi la famiglia dal proprio sontuoso palazzo di Roma.
Forse ci sono effettivamente LUOGHI MALEDETTI: una sessantina di anni prima di allora in questo Castello era avvenuta una strage che aveva coinvolto quasi tutta la famiglia del proprietario del tempo (il Conte Mareri).
Questo, all’epoca, ERA TERRITORIO DEL VICEREAME DI NAPOLI e quindi fuori della giurisdizione dello Stato Pontificio, cosa rilevante, perché il Cenci, pur possedendo ancora un cospicuo patrimonio immobiliare, a Roma era perseguitato dal fisco pontificio e dai creditori perché COSTRETTO A PAGARE INGENTI SOMME A SEGUITO DI CONDANNE PER NON MEGLIO PRECISATI ‘VIZI NEFANDI’. Vizi che egli tentava di perpretare anche a spese delle persone di famiglia, Beatrice compresa.
Il Cenci si era meritato una pessima reputazione già da giovane ed aveva subito numerosi processi per vari delitti (un omicidio, atti di sodomia ed altre nefandezze). Da un primo matrimonio (contratto a quattordici anni) aveva avuto ben dodici figli, tra cui Beatrice; si era poi risposato con una giovane vedova: Lucrezia Petroni.
Beatrice era ormai in età da marito e, stante la sua situazione economica che gli impediva di approntarle la dote (e forse anche per qualche altro motivo) egli cercò di tenere la figlia lontana da occasioni di incontro con eventuali pretendenti. La rinchiuse addirittura in convento; infastidito anche dalle proteste della giovane moglie stanca di essere malmenata, DECISE DI SEGREGARE MOGLIE E FIGLIA IN QUESTA NUOVA RESIDENZA esternando loro anche il suo proposito di farcele “crepare”. E invece ci crepò lui…
Dopo due precedenti tentativi di omicidio, falliti, LA NOTTE DEL 9 SETTEMBRE 1598, FRANCESCO CENCI FU FINITO A RANDELLATE E PRECIPITATO DAGLI SPALTI DI QUESTO CASTELLO. Il delitto fu compiuto materialmente dal custode della rocca (sembra fosse legato affettivamente a Beatrice) e dal maniscalco. In un primo tempo L’OMICIDIO, PUR MALDESTRAMENTE MASCHERATO DAGLI ESECUTORI, PASSÒ PER UN INCIDENTE (caduta accidentale dalla balaustra) e quindi Beatrice e i familiari tornarono a Roma.
Ma si sa, nei paesi la gente mormora e così i funzionari di Polizia del Vicereame fecero INDAGINI PIÙ ACCURATE: scoprirono, nella Rocca, tracce materiali malamente occultate e, riesumando il cadavere, provvidero ad una perizia medico-legale con cui dimostrarono che ALL’ATTO DELLA CADUTA IL CENCI ERA GIÀ MORTO. Pervennero così alla verità, facendo anche confessare ai due autori materiali del delitto, che il quarantanovenne Francesco Cenci era stato massacrato con un “martello da lombardo ed uno stenderello da far lasagne et maccheroni”.
BEATRICE E GLI ALTRI FAMILIARI PRESENTI A PETRELLA SALTO FURONO ACCUSATI - COME MANDANTI - DEL DELITTO. Mentre gli esecutori materiali fecero, abbastanza presto, una brutta fine, per i familiari dell’ucciso su cui pesavano gli indizi (Beatrice, i fratelli Giacomo e Bernardo, la matrigna Lucrezia) INIZIÒ - A ROMA - UN PESANTE PROCESSO. Beatrice mantenne un comportamento molto dignitoso, anche dopo torture; raccontò le ragioni del delitto, ma non rivelò mai le violenze da lei personalmente subite.
Considerando che L’ASSASSINIO DI UN NOBILE PATRIZIO NON POTEVA IN ALCUN CASO RESTARE IMPUNITO, LA SVENTURATA – AVEVA 22 ANNI - VENNE CONDANNATA A MORTE (insieme alla matrigna Lucrezia ed al fratello Giacomo) e decapitata al Ponte Sant’Angelo l’11 settembre 1599. Tutto il popolo parteggiava loro ed in particolare per la bella Beatrice, tanto che al momento dell’esecuzione (cui assistette anche il Caravaggio) si ebbero dei tumulti. B. Paolucci, Agente del Duca d’Este così scrisse al suo signore:"…questa mattina hanno fatto morire in Ponte quelle donne de' Cenci; et la morte della giovane (Beatrice) ch'era assai bella et di bellissima vita ha commosso tutta Roma a compassione".
L’unico che ebbe salva la vita, perché minorenne, fu il fratello Bernardo che subì comunque una serie di pene implicanti anche il non diritto all’eredità; e qui sta il punto: qualche maligno sottolineò che alla severa condanna dei figli del Cenci abbia contribuito anche LA POSSIBILITÀ DI CONFISCARNE IL PATRIMONIO EREDITARIO a favore della Camera Apostolica, che puntualmente avrebbe finito col venderlo, dopo “regolare” gara, a parenti del Papa (Aldobrandini).
Il corpo di Beatrice fu portato in processione fino alla Chiesa di San Pietro in Montorio dove fu sepolto sotto l’altare maggiore.

Nella Foto - Sinistra: la Rocca di Petrella Salto oggi
Destra : Beatrice Cenci (E. Sirani, Gall. Naz. d'Arte Antica – Roma)

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